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martedì 18 luglio 2023

Tarchi analizza la transizione conservatrice di Giorgia Meloni




di Cesare Maffi

Fonte Italia oggi 

Dal Msi a Fratelli d'Italia, il passaggio è da un partito neofascista, attraverso una formazione post fascista (An), all'odierna condizione afascista. La distinzione si ricava da una lunga intervista rilasciata dal politologo Marco Tarchi, sempre molto attento ai mutamenti di Giorgia Meloni, passata dall'opposizione dura al governo diretto.

Lungi dal rappresentare quella che venne brutalmente definita l'anima nera della Repubblica, la Meloni incarna il partito della destra nazional-conservatrice italiana. Per chiarezza, da detto che a palazzo Chigi si preferisce parlare di politica «patriottica» e non «nazionalista», aggettivo che chiaramente fa storcere il naso a molti, i quali non pensano ai nazionalisti del primo novecento, bensì ai sostenitori del proprio Paese. Curiosa è altresì la circostanza che l'avversione si direbbe diretta più contro termini come nazionalismo e nazionalismo che non verso la nazione in sé.

Quando all'aspetto più propriamente conservatore, bisogna riconoscere che la Meloni ha assunto su di sé addirittura l'onere internazionale di rappresentare i conservatori, termine per decenni riservato all'omonimo partito inglese e in Italia rappresentato soprattutto da singoli personaggi, non certo da qualche forza organizzata.

Nulla da dire, invece, su «destra»: semmai, sarebbe da capire perché, e non soltanto in Italia, si continui a collocare alla destra «estrema» partiti che non meritano tale attributo.

Prendiamo la Spagna. Il Partito popolare è considerato una formazione a volta a volta vicina ai popolari europei, ai conservatori, ai democristiani (sempre ammesso che oggi tale indicazione abbia ancora un senso, per di più esteso in più Paesi). Nessuno sembra ricordare che i popolari spagnoli derivano dall'Alleanza popolare di Manuel Fraga Iribarne, il quale fu ministro sotto Francisco Franco, e quindi abbiano addirittura un'ascendenza che li colloca accanto all'antica Falange.

Se oggi ai popolari si affibbia la dizione di «destra», e sovente vengono collocati in un indefinito centro, ci si guarda bene dal considerarli appartenenti a un'ala estrema dello schieramento.

Man mano il tempo corre, e soprattutto perdura un governo di fronte al quale le opposizioni sono incapaci di un'azione fissa, congiunta, ripetuta e organica, si rilevano lontananze più nette rispetto all'antico Movimento sociale italiano, anche se all'orizzonte già appare l'assalto di contumelie che da sinistra si lanceranno, la prossima fine di aprile, contro la destra ritenuta organica al fascismo: anzi, la reviviscenza del fascismo medesimo. Tarchi giustamente rammenta che potranno farsi vivi, e in modi sprezzantemente spietati, i contestatori del «Male Assoluto», che Meloni & C. continuerebbero a incarnare.

Probabilmente occorrerà ancora tempo perché pure di là delle Alpi si voglia percepire (a loro conviene così) la distanza della Meloni dal Ventennio: se ne riconoscono, questo sì, gli sforzi, ma si fatica a ritenerla un'espressione politica priva di consonanze col fascismo.

Quello di cui, invece, le si dà atto, è il non aver ceduto ai tracolli che erano annunciati da tempo, al punto che pure fuori d'Italia nessuno pensa a una caduta dell'esecutivo prima delle politiche, mentre molti ritengono che esso possa raggiungere l'intera durata quinquennale, come mai avvenuto in Italia, tolto il regime fascista.

Piuttosto severo appare invece Tarchi nel giudicare la politica globale meloniana, preoccupata «dei piccoli», da aiutare con bonus e sostegni: «si barcamena».

Il vero problema si porrà quando premeranno nuove esigenze di finanziamenti, di debiti da pagare, di opere cui mettere urgentemente mano (pensiamo all'alluvione romagnola), anche se lo stesso Tarchi ritiene che palazzo Chigi «si guarderebbe bene dal farsi bacchettare da Confindustria o dagli ambienti finanziari».

E ancora, Tarchi avverte un forte pericolo per l'immigrazione, in incremento, col carico di questioni sociali alle quali si risponde (da tutti, non soltanto dal gabinetto italiano) con un puro carico di retorica.

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