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lunedì 9 maggio 2022

La svolta di Fratelli d’Italia: giurare fedeltà agli Usa per provare a governare. L' analisi di Baudino



Giorgia Meloni è, al momento, la regina dei sondaggi. Il suo partito, Fratelli d’Italia (Fdi), si attesta al 22,1%, staccando di mezzo punto il Pd, principale forza politica dello schieramento avverso, e di oltre 5 punti la Lega di Matteo Salvini, alleato-concorrente all’interno del centro-destra. A cavallo tra fine aprile e inizio maggio è andata in scena la convention milanese di Fdi dal titolo “Italia, energia da liberare”, in cui la Meloni si è ufficialmente presentata agli elettori come aspirante leader della coalizione, manifestando apertamente la sua ambizione di staccare il biglietto per la guida il prossimo esecutivo e puntando evidentemente a rassicurare anche i possibili scettici che siedono a Washington.

Mentre l’obiettivo si fa sempre più concreto, infatti, la leader di Fdi ha voluto apertamente lanciare importanti segnali ai “timonieri” della Nato, tranquillizzando i nostri potenti alleati sullo stampo che imprimerà al Paese quando (e se) sarà chiamata a governare. Dal palco del Milano Convention Centre, sull’Alleanza Atlantica la Meloni è stata infatti molto chiara, sottolineando che «la Destra è lì, salda, dal Dopoguerra». In merito al tema del riarmo e del conflitto russo-
ucraino, la Meloni gioca la sua partita pro-Nato su un escamotage retorico, collegando il sentimento patriottico-nazionalista di cui si fa portavoce alla scelta di condividere l’azione del Governo Draghi sulle sanzioni alla Russia e sull’invio delle armi all’Ucraina. Dal palco, ha infatti “picconato” le varie anime del movimento pacifista: «Noi lo capiamo, altri che dicono che gli ucraini debbano arrendersi non lo capiscono. Non lo capiscono le sardine, l’ANPI, chi sventola bandiere della pace».

Mentre l’azione politica di un Salvini sempre più spaesato appare circoscritta al limbo (elettoralmente mortale) riservato a chi, mentre partecipa a un Esecutivo fortemente elitario, cerca goffamente l’appoggio di succulente fette di elettorato anti-establishment (che infatti, dopo averlo premiato nel 2018, ora migrano verso altri lidi), la Meloni gioca la sua partita in maniera efficace, mascherando il suo atlantismo di ferro dietro ai più classici schemi retorici e sentimentali del populismo di destra. «Noi siamo molto più europeisti di molti soloni di Bruxelles. – ha detto dal palco della convention -. Da sempre rivendichiamo che la Nato sia composta di due colonne, una americana e una europea, con pari dignità. Per questo Fratelli d’Italia ha da sempre nel suo programma l’aumento delle spese militari, è il costo della libertà. Vogliamo essere alleati, non sudditi, ma essere alleati e non sudditi ha un costo”. Un colpo al cerchio e uno alla botte, dunque: l’Europa rinasca come “continente delle nazioni”, ideologicamente più conservatore e militarmente più “armato” (attacco alle élite tecnocratiche sovranazionali e al mondialismo, in nome di un sovranismo europeo), ma, al contempo, si giuri fedeltà eterna all’influenza Usa, smarcandosi da un’ottica multilaterale di dialogo con le potenze dell’Est (e quindi rassicurazione a quelle stesse élite attaccate in precedenza) come sottolinea il collega Stefano Baudino in un interessante articolo pubblicato dal sito on line l'indipendente. Articolo che potete leggere integralmente cliccando qui 

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