Alla luce del conclamato fallimento della UE, insistere sulla necessità di un’Europa forte e del superamento del modello stato-nazione è oggi più che mai di primaria importanza. Procediamo con ordine.
Energia, gasdotti, reti di telecomunicazioni, infrastrutture, mercati finanziari. Sono solo alcuni tra i numerosi elementi che determinano le politiche dei paesi. E li determinano proprio perché i singoli stati spesso non hanno la possibilità di adottare strategie che un tempo avremmo definito autarchiche. La storia è ormai in mano ai big player. Può piacere o meno, ma così è. E, alla luce di ciò, quel nazionalismo un po’ moderno camuffato dal termine “sovranismo”, rischia di essere non solo una battaglia di retroguardia, ma anche un clamoroso autogol. Semplicemente in quanto anti-storico. Con una visione ampia sulle politiche mondiali possiamo infatti accorgerci che, sotto certi aspetti, i confini sono già stati superati, rappresentano solo una formalità . L’energia, i gasdotti, le reti di telecomunicazione, le infrastrutture e i mercati finanziari hanno infatti assunto una dimensione globale. Ciò non deve essere visto chiaramente in ottica nichilista come una vittoria del mondialismo. Come scriveva infatti Ernst Jünger, “dove tramontano gli stati con le loro frontiere e le loro guerre, restano comunque la madre terra e la madrepatria“. La storia ha infatti svariate volte creato e distrutto i confini. Non deve perciò sconvolgerci una nuova rivoluzione in tal senso, come ci racconta il collega Lorenzo De Bernardi dalle colonne virtuali del Il Talebano in un interessante articolo che potete leggere cliccando qui
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