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venerdì 12 aprile 2024

Daniela Santanché indagata per falso in bilancio, chiuse le altre indagini su Visibilia: nell’inchiesta anche il compagno e la sorella




Dopo 18 mesi di indagini, la Procura di Milano ha chiuso il filone di inchiesta sul dissesto dell’azienda Visibilia, che vede coinvolta tra gli indagati il del Turismo Daniela Santanché. Le accuse a suo carico riguardano il falso in bilancio: Santanché è infatti stata presidente di Visibilia Editore fino al gennaio 2022. Insieme all'esponente del governo Meloni,  nell’avviso di deposito degli atti, in vista della richiesta di processo, risultano indagati anche il compagno Dimitri Kunz e la sorella Fiorella Garnero.
Nello specifico i pubblici ministeri scrivono nell’avviso di chiusura delle indagini che il deputato di FdI, assieme ad altri ex amministratori, consiglieri e sindaci di Visibilia Editore, tra il novembre 2014 e il dicembre 2021, ossia quando è stata prima consigliere, poi ad e presidente «nonché soggetto economico di riferimento del gruppo Visibilia», con «più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbe, con gli altri a vario titolo, «consapevolmente» esposto nei «bilanci di esercizio della società riferibili agli anni 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022» fatti «materiali rilevanti non rispondenti al vero» per «un ingiusto profitto».

La società è finita in amministrazione giudiziaria il primo marzo scorso su disposizione del Tribunale civile di Milano. In passato, come ricostruisce il Corriere, aveva venduto spazi pubblicitari per il quotidiano Il Giornale nell’era Berlusconi, per poi rilevare dalla Mondadori nel 2013 il periodico Ville & Giardini, e a seguire Ciak nel cinema, Pc Professionale nell’informatica, fino ad arrivare a riviste di cronaca popolare come Novella 2000 e Visto. Nonostante fosse però entrata in Borse nel listino delle piccole imprese nel 2014, muovendo da un avviamento di 4,2 milioni, per sette anni di fila non era riuscita a chiudere un bilancio in utile. Anzi: aveva accumulato perdite per un totale di undici milioni.

L’inchiesta nasce dalle denunce di nove azionisti di minoranza detentori del 5,87% del capitale, i quali lamentavano «gravi irregolarità nella gestione della società» e «omissioni negli organi di vigilanza», che sarebbero state alla base delle «perdite nell’ultimo anno dell’89,6%, negli ultimi tre anni del 99,5% e negli ultimi cinque del 99,9%». Gli inquirenti hanno avuto modo di verificare che già a partire dall’esercizio 2017, per quanto riguarda i valori di «avviamento» e «imposte anticipate» il Cda nei bilanci avrebbe dovuto riportare valori largamente diversi da quelli deliberati.

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