di Giuliano Cazzola
Domenica prossima si vota per eleggere presidente e Consiglio regionale dell’Abruzzo. L’esito della consultazione dimostrerà se per il centrodestra la sconfitta in Sardegna è stato un caso che si è aperto e chiuso entro i confini dell’Isola oppure se è stato il primo segnale di una tendenza al declino della attuale maggioranza e all’esaurimento della spinta propulsiva di Giorgia Meloni.
L’analisi dell’insuccesso in Sardegna è astata attribuita a un errore nella scelta del candidato, Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari, imposto da Meloni, leader di Fratelli d’Italia, agli alleati nel quadro di un riequilibrio tra i partiti della coalizione in conseguenza del rovesciamento dei rapporti di forza nelle elezioni politiche del 25 settembre 2022. In realtà, quella di Truzzu non si è rivelata una scelta particolarmente felice, visto che è stato determinante per la sua sconfitta il voto della città di cui è sindaco. Si direbbe che al momento delle candidature nella destra si sia aperta una gara al ribasso tra l’ultimo della classifica dei governatori (Christian Solinas) e il terzo ultimo di quella dei sindaci (Truzzu, appunto).
Ma non è detto che Solinas avrebbe vinto contro Alessandra Todde, che si è rivelata una candidata all’altezza della situazione sia come persona sia per l’esperienza professionale e politica maturata. La vittoria in Sardegna è stata soprattutto sua (non tutti gli ex grillini sono disoccupati scappati di casa) come emerge dalla maggioranza risicata conseguita nella elezione del governatore e dal distacco dal voto dei partiti delle due coalizioni (a proposito: Fratelli d’Italia, non è più il primo partito come alle politiche). Todde poi aveva una spina nel fianco rappresentata da Renato Soru e dalla sua lista, ma è riuscita a superare questo handicap e ha dimostrato un ineguagliato senso della misura quando ha proibito a Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, ed Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, di presentarsi a fare campagna elettorale nell’isola, evitando così la brutta figura della “parata di stelle’’ del centrodestra.
La sconfitta di Solinas sarebbe costata molto meno in termini politici proprio a Meloni, perché il risultato negativo sarebbe stato messo nel conto del leader leghista Matteo Salvini, mentre la sconfitta di Truzzu si iscrive nelle diverse scelte sbagliate attribuibili a Meloni quando ha individuato e imposto dei candidati di sua fiducia. I cittadini dell’Urbe, nonostante gli anni trascorsi, stanno ancora ridendo per le performance di Enrico Michetti, candidato a sindaco contro Roberto Gualtieri. Per non parlare di tal Luca Bernardo, candidato a Milano contro Giuseppe Sala, rivelatosi antesignano di Emanuele Pozzolo, visto che ammise, in piena campagna elettorale, di girare con la pistola e di portarla anche all’Ospedale Fatebenefratelli (ma non in corsia), dove era primario di Pediatria.
In sostanza Meloni, in Sardegna – contando solo su sé stessa – ha compiuto il medesimo errore di Salvini quando candidò Lucia Borgonzoni contro Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna, confidando sull’effetto determinante che avrebbe avuto il suo impegno diretto nella campagna elettorale. E, infatti, fu il “capitano” a cucirsi addosso quella sconfitta dalla quale ebbe inizio un declino elettorale della Lega che si aggrava a ogni consultazione. Un po’ patetica è la retromarcia degli sconfitti che si sono affrettati a riconfermare tutti i loro governatori uscenti nelle elezioni che precederanno quelle europee. Anche qui, tuttavia, dovendo scontare un errore della stessa Meloni quando ha voluto bocciare la proposta di un terzo mandato per i sindaci e i presidenti di Regione.
Così se nella coalizione di destra, dopo una eventuale serie di insuccessi nelle prossime elezioni comunali e regionali, dovesse maturare un ripensamento allo scopo di mettere al sicuro il Veneto con la ricandidatura di Luca Zaia, la norma – che qualche settimana fa era condivisa e richiesta da sindaci e governatori dem (tanto che molti hanno protestato per la linea decisa da Schlein) – si trasformerebbe in un provvedimento ad personam per potersi avvalere dell’“usato sicuro” e non correre il rischio di perdere la Regione. A quel punto, però, la destra si accorgerebbe di aver indebolito, con gli errori di Meloni (contraria al terzo mandato proprio per non dover ripresentare Zaia), una candidatura altrimenti fortissima.
Che cosa succederà domenica in Abruzzo? Vi sono delle differenze rispetto alla Sardegna: non è previsto il voto disgiunto e il campo largo ha un perimetro più ampio; poi Marco Marsilio, governatore uscente, è una persona seria e un politico di lungo corso. Soffre però di un handicap che, per come si sono messe le cose, emergerà nelle scelte degli elettori. La sua è la sola candidatura in stile Meloni ad aver avuto successo, in quanto “papa straniero”, romano con ascendenti abruzzesi, inviato da via della Scrofa a Pescara, con appresso la copia del salvacondotto che, ne “I tre moschettieri’’, il cardinale Richelieu consegnava a Milady: “È per ordine mio e per il bene dello Stato che il latore della presente ha fatto quello che ha fatto”. Firmato Giorgia Meloni.
P.S. – Nelle ultime ore è corsa la voce che – mentre prosegue l’interminabile scrutinio delle schede (nei seggi i conti si fanno ancora col pallottoliere?) – la distanza tra Todde e Truzzu si va assottigliando. Se si rovesciasse il risultato (dopo che la destra ha ammesso cavallerescamente la sconfitta e la sinistra ha annunciato di aver espugnato la Bastiglia) sarebbe l’occasione per sfoggiare quel tipico sorriso definito sardonico. Ovviamente nel governo dell’Isola tutto resterebbe più o meno come prima. Ma sul piano politico, la sinistra potrebbe vantare una sconfitta onorevole, la destra dovrebbe accontentarsi di una vittoria di Pirro.
Fonte Le formiche.net
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