di Martino Loiaconeo
Fonte Italia Oggi
Autonomia e presidenzialismo. La pausa di fine anno ha riportato al centro della scena le riforme istituzionali. Se per l'autonomia il percorso legislativo è più agile, per il presidenzialismo, pallino di Fratelli d'Italia, è necessaria una profonda revisione costituzionale. La questione, anche guardando al passato, è molto delicata. Perché ci sono un problema di merito e uno di metodo. Nel merito bisogna capire se l'obiettivo è il
presidenzialismo o il semipresidenzialismo, due modelli piuttosto diversi.
Come spiegato lucidamente da Cesare Maffi giovedì scorso su ItaliaOggi, il semipresidenzialismo alla francese potrebbe essere più facilmente digerito dal centro-sinistra. Non a caso Giorgia Meloni ha trovato una sponda importante nel Terzo polo, ma ha anche dichiarato che sarebbe pronta a proseguire senza le opposizioni. E proprio qui si innesta l'importante questione del metodo. Una riforma di dimensioni così ampie necessita di un delicato processo di condivisione. Seguire lo schema Renzi per poi giungere al referendum popolare sarebbe senza dubbio un grave rischio per la neopremier.
Ma anche una bicamerale potrebbe avere degli esiti imprevedibili, considerato che in passato nessuna ha poi portato a una modifica costituzionale. Certo, la riforma in senso presidenziale sarebbe una svolta dato che verrebbe modificata in modo sostanziale la Carta, che non ha mai subito grandi mutamenti dalla sua entrata in vigore. Ma scommettere tutto sul presidenzialismo potrebbe avere conseguenze rischiose, soprattutto perché la premier si trova in un quadro politico molto favorevole. Basta analizzare lo scenario per rendersene conto.
Meloni ad oggi è senza dubbio la figura dominante della politica italiana. Dopo aver ampiamente scavalcato Matteo Salvini alle scorse elezioni, ha ridimensionato le aspirazioni di Silvio Berlusconi, leader indiscusso del centrodestra per un lunghissimo periodo.
In effetti, Fratelli d'Italia è diventato il perno della coalizione, sia per la netta affermazione elettorale sia per la composizione del governo. Non è un caso che tutti i sondaggi riconoscano a FdI un chiaro primato. Un primato che deriva anche dallo stato di salute delle opposizioni, che sono deboli e frastagliate e che per ora non riescono a impensierire la premier.
Il continuo scontro tra il Partito democratico, il Terzo polo e il Movimento 5 stelle è infatti una garanzia per il destra-centro. Un conflitto di queste dimensioni, d'altronde, impedisce la nascita di un fronte capace di mettere in discussione la permanenza di Meloni a Palazzo Chigi. Di fatto, in questa fase, non esiste un'alternativa al destra-centro a trazione meloniana.
Per questo, accelerare eccessivamente sul presidenzialismo sarebbe un azzardo. Con una certa prudenza, Meloni potrebbe iniziare a porre il tema in agenda, sondando cautamente alleati e opposizioni. E poi, in un secondo momento, magari con un destra-centro ancor più solido, definire un percorso per la riforma. Scommettere tutto, e così presto, sul presidenzialismo sulla scia del modello Renzi sarebbe un rischio enorme. La politica ha i suoi tempi. Oggi per Meloni è il tempo del consolidamento. Domani, in condizioni di maggior stabilità, di una riforma così complessa.
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