Inutile negare la realtà dei fatti. Sul mancato rinnovo del taglio sulle accise dei carburanti, il governo Meloni compie il primo passo falso (speriamo il primo di una breve serie, proprio per il semplice fatto che: “errare humanum est, perseverare autem diabolicum“). Il sottoscritto, nel precedente articolo del 3 gennaio, è stato uno dei primi a sottolineare una spiccata incoerenza tra la rampante e agguerrita Meloni di lotta (vedi i governi Conte I, Conte II e Draghi) e l’attuale Meloni di governo, peccato che non parliamo del Giano bifronte, divinità della Roma antica il quale proprio in virtù della doppia faccia era in grado di guardare sia il passato che il futuro, ma bensì di una comune mortale seppur valida e capace.
Ogni cronista politico che si rispetti al di là delle proprie simpatie politiche, tra l’altro del tutto legittime, deve avere come stella cometa da seguire il watchdog journalism ossia essere il cane da guardia del popolo che vigila sulle manovre di palazzo e non il cane da riporto asservito in toto al potente di turno (bello o brutto che sia a seconda del soggettivo colore politico). Siccome noi della redazione de Il Sovranista apparteniamo alla prima categoria “canina” non abbiamo problemi ad esternare sia le buoni azioni governative che le pessime azioni.
Spacciare la non conferma del taglio sulle accise come un atto da destra sociale per sparare la supercazzola in pieno stile conte Lello Mascetti (personaggio interpretato dal leggendario Ugo Tognazzi in “Amici Miei“), affermando che il taglio giovava maggiormente i proprietari delle super car è da Zeling show. La stragrande maggioranza degli italiani è obbligata a spostarsi con la propria auto per l’inefficacia dei collegamenti e talvolta inesistenza del servizio di trasporto pubblico, specie nel profondo sud e nelle isole. Inoltre i proprietari delle super car sono una percentuale irrisoria, considerando che da dieci anni a questa parte anche i famosi marchi premium di auto tedesche hanno aderito al fenomeno del down sizing, che consiste nella riduzione della cilindrata del motore con lo scopo di rendere i costi di gestione più bassi per l’utente.
In politica, così come nella vita, il voler arrampicarsi a tutti i costi sugli specchi non sempre porta benefici, in ottica futura, di consenso personale. Basta chiedere a Renzi.
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